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L’epoca d’oro della canzone

Tra la fine dell’ottocento e l’inizio della prima guerra mondiale l’Europa vive un periodo straordinario: la Belle Époque (l’epoca bella). È innanzitutto un periodo di pace: finalmente nel vecchio continente non ci sono più guerre fratricide. È poi un periodo di grande splendore per l’arte e la cultura. Ma è soprattutto un periodo di invenzioni straordinarie: si vedono le prime automobili, i primi aerei, i primi treni. E poi l’illuminazione elettrica, la radio, il cinema, l’introduzione dei prodotti chimici e del petrolio. Malattie che da secoli affliggono l’uomo vengono sconfitte. E Pensate stiamo parlando di poco più di cento anni fa! E a Napoli cosa succede in questo periodo ? Semplicemente, c’è una sorta di magia per cui le note musicali e i versi delle canzoni sembrano scendere giù dal cielo come per incanto, con i musicisti e i poeti che devono solo acchiapparle con le mani per farne canzoni. Tanto che anche la gente comune si scopre compositore di canzoni: Vincenzo Russo lavora in un negozio di guanti, ma scrive i versi di ‘I te vurria vasà. Salvatore Gambardella non ha mai studiato musica, ma compone la melodia di ‘O Marinariello.
Certo già da tempo Napoli era considerata la capitale mondiale del bel canto, tuttavia è in questo periodo che la melodia e la poesia partenopea raggiungono il loro massimo splendore. Nasce la canzone napoletana d’autore, risultato del felice incontro tra gli antichi canti popolari (sorti nei secoli precedenti) e l’esperienza dell’opera buffa. E’ l’epoca d’oro della canzone napoletana, un periodo di circa 40 anni che inizia nel 1880 e finisce poco dopo la fine della grande guerra. Sia ben chiaro: anche dopo saranno scritte splendide canzoni. Ma è questa l’epoca d’oro. Quella delle più belle canzoni napoletane di tutti i tempi; quelle che più classiche non si può!





Le canzoni più belle di quegli anni                                                   Tutto inizia in quel lontano 1880 quando a Napoli viene inaugurata la funicolare per salire sul Vesuvio. Per invogliare i turisti ad utilizzarla, a qualcuno viene l’idea di pubblicizzarla con una canzone. Nasce cosìFuniculì Funiculà a firma del giornalistaPeppino Turco e del maestro Luigi Denza. E’ un successo clamoroso e senza precedenti. L’anno dopo, il 1881, Funiculì Funiculà è ancora sulla bocca di tutti i napoletani. Succede allora che per contrastarne il successo Martino Cafiero, l’allora direttore del Corriere del Mezzogiorno, incarica un giovane e sconosciuto giornalista che lavora al suo giornale: Salvatore Di Giacomo. Sarà uno dei protagonisti indiscussi di quel periodo firmando tantissime canzoni di successo. Nel 1885 scrive la sublime Era De Maggio, con la musica di Mario Costa. Nel 1886 è la volta del suo capolavoro assoluto: Marechiare; la canzone sarà musicata dal Maestro Francesco Paolo Tosti, considerato il massimo compositore italiano di Romanze. Nel 1887 il poeta Ferdinando Russo, un altro gigante della cultura partenopea di quegli anni, scrive Scetate; sarà la canzone più eseguita durante le serenate portate alle giovani donne napoletane di quegli anni:

                                Si duorme o si nun duorme bella mia
                                siente pe’ nu mumento chesta voce…                                                                                                                                       A proposito di invenzioni: come non ricordare quella del disco ? Nel 1891 in Italia viene incisa la prima canzone su questo supporto: ‘A risa. La canzone è scritta ed interpretata dal napoletano Berardo Cantalamessa, antesignano di tutti cantautori. Si diceva all’inizio di Salvatore Gambardella: musicista incolto, ma al tempo stesso geniale. Nel 1893 compone la musica de ‘O Marinariello. L’anno successivo è la volta di Furturella, una canzone che sarà elogiata da musicisti classici del calibro diGiacomo Puccini e Pietro Mascagni. Il testo di Furturella porta la firma del maestro elementare Pasquale Cinquegranache nel 1895 scrive un’altra canzone notevole: Ndringhete ndrà; questa volta la musica è del maestro Giuseppe De Gregorio.Il 1898 è l’anno di ‘O Sole mio: ancora oggi considerata la canzone più famosa del mondo.I due autori, Giovanni Capurro ed Eduardo Di Capua, moriranno di stenti; a quell’epoca, infatti, i proventi delle canzoni andavano quasi interamente agli editori. Siamo nel 1900 ed il nuovo secolo si apre con una delle canzoni d’amore più belle che siano mai state scritte: I te vurria vasà. A scriverla è Vincenzo Russo, poeta “autodidatta” che lavora in un negozio di guanti – secondo la leggenda di quel negozio lavora anche il papà dello scrittoreLuciano De Crescenzo. Quello stesso anno Vincenzo scrive anche Torna Maggio; Maria Marì è invece dell’anno prima. A musicare le canzoni di Vincenzo ci pensa il maestro Eduardo De Capua. Il 1904 è un anno particolarmente fortunato per la canzone napoletana; ci sono quattro capolavori (almeno). Gabriele D’Annunzio – per una scommessa fatta con Ferdinando Russo – scrive i versi di ‘A vucchella. I fratelli De Curtis scrivono Torna a Surriento. Edoardo Nicolardi mette su carta la storia delle sua tormentata storia d’amore con la giovane Anna costretta dal padre a sposare un uomo molto più anziano di lei. Ne viene fuori una canzone memorabile: Voce ‘e Notte. Infine, un giovane avvocato di nome Alfredo Falcone Fieni scrive per la sua innamorata la bellissima Uocchie c’arraggiunate; la musica è di Rodolfo Falvo. Nel 1907 Ernesto Murolo, poeta nonché padre del più famoso Roberto, scriveTarantelluccia (la canzone che da il titolo a questo blog): è il trionfo dei valori tradizionali legati alla famiglia, ma anche un inno a quel fatalismo che spesso caratterizza noi napoletani. A musicare la canzone è Rodolfo Falvo, considerato ormai l’erede di Gambardella. Nel 1911 arriva da New York una delle canzoni napoletane più belle di sempre: Core ‘ngrato. A scriverla sono due napoletani emigrati nella città statunitense:Alessandro Sisca e Salvatore Cardillo Sarà eseguita dai più grandi tenori della storia; su tutti il grande Enrico Caruso. Il 1915 è un anno tristemente famoso. Scoppia infatti la prima guerra mondiale e quell’epoca bella fatta di speranze e di ottimismo va a farsi benedire !! Proprio in quel 1915 il poeta napoletano Aniello Califano scrive ‘O surdato ‘nnammurato; la musica è di Enrico Cannio. Nel 1916 lo stesso Aniello Califano, a testimoniare il fatto che i tempi stanno realmente cambiando, scrive Tiempe belle; la musica è di Vincenzo Valente. Nel 1917 il grande Libero Bovio scrive i versi di una delle più belle canzoni napoletane di tutti i tempi: Reginella. La canzone parla di una sciantosa napoletana. La musica, su un tempo di valzer, è del maestro Gaetano Lama. Nel 1918 E.A. Mario (pseudonimo di Giovanni Gaeta) scrive Santa Lucia luntana che diventerà l’inno di tutti gli emigranti napoletani. Giovanni Gaeta sarà un altro pilastro della canzone napoletana: scriverà tantissime canzoni e per molte di esse firmerà anche la musica; fonderà anche una casa editrice. Sempre nel 1918 il poeta Giuseppe Capaldo, per conquistare il cuore di una certa Brigida scrive sul tavolino di un bar (quello dove Brigida lavora come cassiera) ‘A tazza ‘e cafè. Quando scocca il 1920 sono passati esattamente quarant’anni dall’exploit di Funiculì Funiculà. Si chiude pressappoco in questo periodo quella che viene considerata l’epoca d’oro della canzone napoletana. Ci pensa un profetico Ernesto Murolo a mettere il suggello finale con una canzone dal titolo Napule ca se ne va:



                                                                                                   
                                             Chisto è ‘o popolo ‘e ‘na vota,
                                              Gente semplice e felice.
                                              Chist’è Napule sincero,
                                            Ca pur’isso se ne va

La canzone parla infatti di un popolo e di un tempo che ormai non ci sono più. I tempi sono davvero cambiati!

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